mercoledì 27 ottobre 2010

Pesci

Per una questione vecchia di milioni di anni, un giorno i pesci del fiume presero a nuotare fuori dalla corrente.

Dapprima li si vide spuntare dal fiume con le loro boccucce rotonde sul filo dell’acqua, poi vennero gli occhi e le branchie, tratti verso il cielo come da una lenza invisibile. E infine le pinne, che continuando a dimenarsi come nel liquido nativo, fecero librare i pesci a mezz’aria, senza piú contatto con il fiume, e di lí fin su sulla punta degli alberi, dove presero a aleggiare con i tordi e i pettirossi, che stavano straniti a guardarli remigare fra gli alti rami dei pini come fra le loro alghe fiumane.

A chi domandava, quelli rispondevano: e perché non dovremmo venircene di fuori? È cosí bello qui. E poiché pareva impossibile obiettare qualche cosa, i pesci continuarono indisturbati la loro conquista delle terre emerse. Ci fu chi provò allora ad imitarli, gettandosi a capofitto nella corrente, ma fu necessario il concorso del bosco intero per tirarli di fuori, perché non solo sott’acqua non respiravano affatto, ma il fiume li aveva trascinati con sé per centinaia di metri, e li si dovette andare a recuperare fra gli scogli o i bacini a valle.

I pesci si dispiacquero molto della cattiva sorte dei compagni, e per por rimedio all’intera faccenda si offrirono d’istruire il resto del bosco sulla difficile arte di nuotare sospesi per aria. Gli animali piú diffidenti se ne stettero da un lato quando i primi presero parte alle lezioni introduttive, ruminando le loro perplessità. E trovarono presto d’averne ben donde, perché persino gli animali piú volenterosi non riuscirono a levarsi a un solo dito da terra. Quelle dei pesci cominciarono a parere a tutti delle semplici fandonie, e si concluse che quel loro star per aria doveva certo essere frutto d’un qualche sporco gioco di ragnatele. Presto si parlò addirittura della necessità di ricacciarli alle loro acque. Non c’eran certo alberi e rami per tutti, e i pesci eran venuti per ultimi. Se ne sarebbe fatta una cosa per bene, se i pesci non avessero preso, all’insaputa di tutti, a dar lezioni ai piccoli cuccioli del bosco. Questi infatti, come dimostrarono i pesci in un improvvisato spettacolo aereo, avevano appreso i rudimenti del nuoto senza la minima difficoltà, e se ne stettero ad aleggiare per aria di fronte alle facce strabiliate dei loro genitori. C’eran fra questi persino un paio di piccoli passerotti, i quali, abbandonato l’uso delle ali, ondeggiavano su e giú spingendosi con le zampe soltanto.

Persino i piú diffidenti non trovarono piú nulla da obiettare, e qualcuno fu visto muovere imbarazzato le zampe davanti e didietro, a imitazione dei due piccoli passerotti. Chi si provò, tuttavia, ottenne scarsi risultati, e mentre i loro piccoli già volteggiavano alla maniera dei pesci, il resto del bosco, con tutto quel batter d’ali, zampe, code e zoccoli, non fece altro che levare un fitto polverone di sabbia. Qualcuno esclamava eccitato d’essersi levato di qualche passo, ma come si rivolgeva loro lo sguardo, eccoli di nuovo precipitare a terra. Chi dimostrò il maggior impegno riuscí a far persino qualche bracciata, ma mai per piú di qualche metro, e finivano per piombare tutti a terra e rimediarsi un muso impolverato.

Fra i piccoli c’era un solo cucciolo di tasso che per quanto si sforzasse non riusciva a ottenere risultati migliori degli adulti. Se ne stava solo a saltare da un basso ramo d’abete e finir giú con un capitombolo. All’ennesimo fallimento, il piccolo tasso prese a strillare e piangere per la rabbia. Allora puntò il dito al cielo, dove i pesci stavano ancora incitando il resto degli animali a unirsi ai figli nella loro danza volante. Gridò forte e disse:

- Sono pesci! Non posson stare su per aria a muover le pinne! Il cielo è per gli uccelli. Che se ne vadano ai loro fiumi!

Un pesce, avvicinandosi, gli porse una pinna per aiutarlo nelle prime bracciate. Ma il piccolo tasso indietreggiò.

- Qui di sopra, se è per quello, non potreste neppure respirare! Pianse.

Allora fece un sbruffo con le narici e concluse:

- Dove l’avete, voi pesci, il naso?

Il pesce che aveva davanti non parve affatto impressionato, e con un colpo di coda si fece piú alto per esser ben visto da tutti. Allora si provò a imitare lo stesso sbruffo del piccolo tasso. Ma come diede nel primo soffio, il pesce si trovò improvvisamente fuori dall’acqua, boccheggiante, e precipitò al suolo, dove ancora si dibatté per qualche secondo prima di rimanere immobile e senza vita. Allora un altro pesce, di sopra un alto pino, tentò con un colpo di coda di raggiungere l’acqua del fiume, ma diede pochi colpi con le pinne che il respiro gli mancò e si accorse improvvisamente d’essere all’aria aperta, precipitando inanime al suolo. E con lui tutti i pesci, uno dopo l’altro, tentando disperati la corsa al loro fiume, caddero dimenandosi dal cielo, in un’ultima muta pioggia.

I piú diffidenti dichiararono che c’era da aspettarselo. E i cadaveri dei pesci volanti furono riversati nelle acque del fiume.

Emiliano Garonzi

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